Contro-tendenza
- Adriano Pilani
- 31 mar
- Tempo di lettura: 3 min

Per alcuni avvenimenti accadutomi e incontri fatti di recente, mi è sorto il desiderio irrefrenabile di scrivere a questo proposito.
Il desiderio che mi anima ha una strana forza, la riconosco. Indico questa forza come desiderio anche se è più intimo, più profondo di un desiderio che una volta soddisfatto apre la strada per un alto desiderio e un altro ancora.
Scrivo riguardo al dovere di tutti gli operatori che dedicano il loro lavoro alle altre persone. Ho percepito una sorta di superficialità e non sto generalizzando, me ne guardo bene. Ma quando si tratta si persone, anche l’errore su un singolo individuo è un prezzo troppo alto se dovuto a superficialità.
Parlo da operatore olistico e anche se per i più la categoria a cui appartengo per definizione fiscale è considerata un sottoprodotto della medicina ufficiale, so di parlarvi da professionista.
Come operatore olistico sono dovuto ad avere una conoscenza del sistema uomo a tutto tondo, altrimenti sarei specializzato in un argomento specifico, un parte distinta del corpo o di una sfera psicologica dell’essere umano.
L’operatore olistico diventa tale perché la sua visione della vita toglie molti confinamenti, gli impone di creare collegamenti continui fino ad avere una visione di insieme dell’uomo. Dove trova le informazioni per creare questa visione di insieme? Sui testi medici, su testi sacri di molte religiose, su testi laici di molte culture, su idee e pensieri appartenenti a tradizioni contemporanee e passate. Soprattutto mettendo insieme il materiale razionale con le intuizioni che ha su se stesso quando applica il sapere alla comprensione di se stesso.
Chi ha una visione olistica della vita continua a studiare, a mettere in pratica, a verificare.
Sente le energie che si muovono? Si certo, ma non perché si è letto il libro di questo o quell’autore o ha partecipato al corso di formazione in 120 ore di Tizio e Caio. Sente perché possiede un background di conoscenza scientifica che gli permette di comprendere il movimento sottile che avverte quando tocca un altro corpo in quel modo, in quel punto, oppure stimola il corpo con un suono piuttosto che con un odore o un colore. Comprende bene la sfera di vita interessata se si compiono certi movimenti fisici e soprattutto usa il proprio corpo come antenna per avere un feedback di ciò che cambia nel presente in cui sta operando.
Per arrivare a ciò è necessario studio, pratica costante su di sé, dedizione agli altri. Lo studio da solo non è sufficiente, la sensibilità da sola non è sufficiente, la dedizione agli altri da sola non è sufficiente. L’operatore olistico porta avanti i tre aspetti contemporaneamente senza mai arrivare ad un punto di fine: fine studi, fine pratica su di sé, fine crescita.
Perché sento controtendenza scrivendo queste parole? Perché la tendenza generale è quella di operare senza passione, in qualsiasi campo. È quella di puntare solo al guadagno, importante, ma se rimane l’unico motore a muovere gli individui allora viene a cadere lo studio per comprendere, il lavoro su di sé per sensibilizzarsi e la dedizione agli altri che diventano soltanto clienti da inserire in un’agenda.
Sono controtendenza perché in una società immolata alla tecnologia, portare l’attenzione agli individui come esseri viventi da comprendere e aiutare a comprendersi, riporta l’operare dell’uomo ad una dimensione umana. La dimensione umana è lontana dai mercati globali, lontana dagli investimenti di borsa, lontana dall’annientamento delle risorse di questo pianeta, lontana dalla realtà virtuale dei social e dell’intelligenza artificiale, lontana dal distruggere.
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